Il Ramayana fondamentale poema sanscrito | Project India
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Il Ramayana

Il Ramayana, uno dei grandi poemi epici sanscriti, favorì lo sviluppo di una religione divenuta molto popolare in ogni tempo in India come in Indocina e Indonesia.

Letteralmente il Cammino di Rama; questa famosa epopea narra le vicende di Rama, settimo Avatar di Vishnu, ovvero incarnazione del Dio. E’ la figura emblematica del più alto ideale della virilità guerriera indiana. Lo contraddistinguono virtù quali forza e audacia in battaglia, non meno di una profonda religiosità e dalla perfetta osservanza della legge morale.

Le origini del testo

Nato in un ambiente meno esclusivo influenzato dall’etica kshatriya. A differenza dalle altre opere della religione induista non è così marcatamente influenzato dagli aspetti rituali e sacrificali tipici dell’induismo dei Brahmani.

I legami tra il Ramayana e la religione Vedica sono ancora molto forti. Infatti nei suoi versi i sacerdoti brahmani vengono onorati, e il sacrificio del cavallo è un momento cruciale del racconto. Come i I Veda e il Mahabharata, il Ramayana è considerato una rivelazione divina a Valmiki, il redattore del poema, avvenuta mentre meditava sul mantra “ram”.

Valmiki assume un ruolo attivo nell’introduzione al testo principale. La leggenda narra che Valmiki si ritirò nella foresta a meditare. Rimase così immobile per mille anni che il suo corpo venne ricoperto da un valmika ( formicaio) da cui deriva il suo nome.

Il cuore di questo poema fu composto nel IV secolo a. C. , come racconto secolare di una comunità di guerrieri recitato nelle corti reali.

Questa tradizione è tuttora viva. Avviene a Ramanagara, nei pressi di Varanasi, quando per le festività di Navaratri e Dusserha, che cadono di solito in Ottobre, l’intera popolazione della cittadina è coinvolta in una serie di quadri animati che narrano le avventure di Rama, il Ramalila.

E’ quasi uno studio sulla vita dei reali, oltre che sui compiti degli uomini e sui loro rapporti. Con il passare del tempo gli elementi religiosi divennero predominanti, e Rama il re guerriero divenne appunto una divinità guerriera. Il fondamento etico che presuppone questa epopea è il compimento del Dharma, la legge incontrastabile che sta a fondamento dell’ordine cosmico e sociale, che consiste inevitabilmente nell’onorare i doveri religiosi, morali e familiari.

L’epopea di Rama

Il Ramayana descrive la vita di Rama dalla nascita, come primogenito del re Dashrata.

Il compito di Rama era quello di uccidere Ravana, il demone dalle dieci teste imbattibile per gli Dei ma vulnerabile per chi fra gli umani avesse osato affrontarlo.

Ravana

Ravana, il principale avversario di Rāma è il Re demoniaco di Lanka. Il punto dedebole di Ravana erano le donne, a cui non sapeva resistere.  Infatti si invaghì di una fanciulla di nome Vedavati , la quale non corrisponde le sue attenzioni. Rāvaṇa la prende con la forza, rompendo la sua castità e distruggendo il suo sogno di sposare il dio. La fanciulla disperata si suicida in una pira sacrificale, giurando che sarebbe tornata per causare la sua morte. Secondo la leggenda ella rinascerà come Sītā, moglie di Rāma (e quindi di Viṣṇu), e poiché egli si invaghirà di lei anche in questa forma ne conseguirà la sua lotta con l’avatar del dio, e la sua inevitabile sconfitta.

Un altro suo errore sarà l’aver molestato l’apsara Rambha, che si rivelerà essere stata la promessa sposa del figlio di Kubera, il suo fratellastro. Costui lancia perciò su di lui una pesante maledizione: se mai Rāvaṇa prenderà ancora con la forza una donna, la sua testa cadrà.

Gli intrighi

Rama è costretto ad abbandonare il regno del padre insieme alla giovanissima sposa Sita, a causa degli intrighi allestiti a suo discapito dalla matrigna Kaikeyi, che teme per sè e suo figlio Bharata. In questo modo Bharata, pur contro la sua volontà, succede al trono del padre Dasaratha. Nel frattempo Rama e Sita, insieme al giovane e fedele fratello minore di rama, Lakshmana, abbandonano il regno di Ayodhya per vagare nella foresta e stabilirsi in un eremo. Lì sono scoperti dalla sorella di Ravana, Surpanaka, che tenta di distruggere Sita e sedurre Rama.

Umiliata da Rama e ferita da Lakshmana ricorre al fratello il quale, ammirato dalla bellezza di Sita raccontata dalla sorella, decide di rapirla.

A causa della maledizione inflitta a Rāvaṇa dal suo fratellastro Kubera, Sītā riuscì a rimanere casta anche durante la lunga prigionia (quasi un anno) nel castello del Re di Lanka.

Nel corso della lotta ingaggiata da Rama e il fratello Lakshmana contro Ravana per ritrovare Sita, i due fratelli si alleano con la scimmia divina Hanuman e il suo esercito.
Hanuman riesce a liberare la splendida moglie di Rama. Purtroppo però Sita dovrà sottoporsi alla prova del fuoco per dimostrare di essere rimasta fedele al suo sposo dopo l’incontro con Ravana e la segregazione nel castello di Lanka, l’attuale Sri Lanka.

Tornato nel regno di suo padre, finalmente Rama ascende al trono; tuttavia i sudditi diffidano della virtù di Sita e Rama è costretto a bandirla. Sita troverà rifugio nella foresta dove darà alla luce due gemelli, figli di Rama, morendo poco dopo. Rama, disperato, muore anch’egli e sale al cielo per riprendere l’aspetto di Vishnu.

Per approfondire l’argomento vi consigliamo la seguente lettura; rispettivamente in formato kindle e cartaceo:

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